mercoledì 15 agosto 2012

“Noi stiamo con i Magistrati”: raccolta firme a sostegno dei giudici antimafia accerchiati dallo Stato


     Questo post vuole essere un memorandum, un passaparola relativo alla raccolta firme on line che si sta organizzando in questi giorni grazie a Il fatto quotidiano per sostenere i magistrati di Palermo che stanno indagando sui rapporti tra la mafia e lo Stato italiano e che, proprio dallo Stato, sono bloccati e ostacolati nel loro lavoro.
     In questa pagina potete lasciare la vostra firma, accompagnandola al vostro indirizzo di posta elettronico (che non verrà ovviamente pubblicato) affinché tutti prendano coscienza di questo problema e affinché questi giudici non vengano lasciati soli e abbandonati in questo nobilissimo compito che è la lotta alla malavita organizzata. Per chi non conoscesse questa questione e vuole saperne di più, lascio di seguito esposte alcune delucidazioni e anche alcuni documenti video, così da farsi un’idea di ciò che sta accadendo all’insaputa dei cittadini.



     Il silenziatore democratico. Così l’ha definito don Andrea Gallo, dall’alto dei suoi 84 anni, lui che la democrazia in Italia, l’ha vista nascere… e che ora la sta vedendo morire. Si tratta dell’operazione di accerchiamento e di boicottaggio ai danni di alcuni magistrati siciliani da parte del Quirinale, sede del Presidente della Repubblica, del Consiglio Superiore della Magistratura, cioè proprio quell’organo che dovrebbe tutelare la Magistratura ordinaria garantendo la sua autonomia dagli altri poteri, dell’Avvocatura dello Stato, che difenderebbe e tutelerebbe i membri della pubblica amministrazione, della Procura generale della Corte di Cassazione e, soprattutto, da parte dello stesso Governo e tutti i politici tutt’ora sulla scena, coinvolti, fin da qualche anno, in indagini e giri che vedono come perno centrale i rapporti tra la mafia e lo Stato italiano.
     Chiunque abbia un minimo di conoscenza di ciò che è successo in Italia negli ultimi vent’anni, infatti, sa bene che grazie alle indagini di eminenti magistrati, tra cui Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, è stata messa in luce una sconcertante verità fino ad allora considerata un vero e proprio tabù, un vaso di Pandora al negativo mai aperto prima: il rapporto, tutt’ora esistente, tra molti politici, tutt’ora esistenti, e gli esponenti di Cosa Nostra. Nei primi anni ’90 del secolo scorso questa verità è stata manifestata. E il peggio è che fu lo Stato ad allearsi con la mafia, non il contrario. Le indagini portarono al famoso Maxiprocesso, istituito dai due giudici siciliani, che videro la condanna di una grandissima parte degli esponenti più in vista della malavita mafiosa; purtroppo giustizia non poté essere fatta anche ai danni di quei politici che si macchiarono delle stesse colpe, collaborando e congiurando ai danni della democrazia con gli esponenti di Cosa Nostra. I tempi non erano maturi, direbbe qualcuno, i politici all’epoca erano ancora troppo intoccabili. Eppure, come spesso accade nella storia, c’è sempre qualcuno che dà quella spinta in più acché un’innovazione, una miglioria venga proposta alla gente e abitui la sensibilità delle persone ad accettare una cosa mai supposta prima. Con Falcone e Borsellino la gente è stata appunto educata a questa verità: che lo Stato può allearsi con la malavita organizzata, anche se si tratta dello Stato, anche se la legge dice che non si può, anche se non ce lo si sarebbe mai sospettato. Ma «lo Stato non processa se stesso», come diceva Leonardo Sciascia, e infatti da anni i politici autori di questa, che ormai è stata definita trattativa Stato-mafia, sono ancora lì, ancora a farsi le leggi per proteggersi da soli, per cancellare dalla dicitura di “reato” quei reati che loro stessi hanno commesso o sanno di commettere; una trattativa che, come ricorda bene Marco Travaglio, non è “presunta”, ma “certa”: lo Stato si è davvero alleato con la mafia.
Roberto Scarpinato, procuratore generale presso la Corte
d'Appello di Caltanissetta.
     Ora, il problema è che in oltre vent’anni di indagini la procura di Palermo si è avvicinata sempre di più alla verità, si è sempre più vicini a procurarsi le prove che manderebbero in galera proprio questi politici che hanno voluto scendere a patti con Cosa Nostra e, in occasione della commemorazione del ventesimo anniversario della morte di Borsellino, il 19 luglio 2012, un magistrato, Roberto Scarpinato, figura di spicco in questo panorama di indagini, sale sul palco e legge una lettera, una lettera “ideale” all’amico Paolo: nella lettera, vero e proprio capolavoro di divulgazione e didattica della democrazia, Scarpinato, oltre a mettere in evidenza il vero valore della lezione lasciata da Borsellino e da Falcone, definiti come «veri costruttori di senso» delle parole “democrazia”, “giustizia”, “legalità”, non ha dimenticato di ammettere in pubblico e proprio davanti ai politici, presenti in prima fila, una sacrosanta verità: che cioè ancora oggi lo Stato italiano è sposo della mafia e che i politici continuano ad accordarsi con i mafiosi per trarre benefici personali a danno dei cittadini che hanno il dovere di governare.

     La cosa non è piaciuta agli antagonisti di questa storia… Dalle alte sfere gli “interessati” hanno preso provvedimenti, poiché Scarpinato ha parlato in maniera troppo trasparente e le accuse erano troppo esplicite! Avrebbero sollevato un polverone presso la gente e le ribellioni dal basso preoccupano sempre chi ha qualcosa da nascondere. Ecco allora che contro Scarpinato vengono presi provvedimenti disciplinari e i giudici che si occupano di queste indagini vengono accerchiati e il loro lavoro ostacolato spudoratamente, nel quasi totale silenzio dell’informazione mediatica: non un solo telegiornale che abbia parlato delle trattative tra Stato e mafia, non un solo anchorman che si sia degnato di avvisare i cittadini di ciò che è nascosto dietro le tende di questo vergognoso ripostiglio che è il dimenticatoio della nostra memoria storica, un fenomeno purtroppo tutto italiano.
     Solo Il fatto quotidiano si fa carico di questo compito: questo giornale è infatti il solo a parlare della trattativa Stato-mafia e dei pubblici ministeri che sono rimasti soli a dover lottare adesso anche contro lo Stato stesso. E così, mentre le veline di Mediaset continuano a sculettare davanti a tutti, mentre la gente continua a farsi distrarre e imbambolare da panem et Circenses di casa Berlusconi, questi pochi magistrati restano soli, quasi isolati, con uno Stato che vuole impedirgli di procurarsi queste benedette prove. Proprio quegli organi che dovrebbero elogiare e incentivare il lavoro della Magistratura, stanno invece tappando la bocca ai magistrati.

     Ma il punto, come sostiene lo stesso Scarpinato, facendo eco alle parole di Borsellino, è proprio questo: che la Magistratura non è e non dev’essere la sola a condurre la lotta alla mafia, poiché, fino a quando la gente accetterà questo fenomeno senza desiderare di espellerlo, come un cancro, allora per i giudici sarà difficili fare indagini, sarà difficile scoprire la verità, sarà difficile interrogare i mafiosi e scoprire i loro nascondigli: ci vorranno anni, ammesso che la cosa riesca. È necessario che la gente sappia cosa succede nel suo paese, è necessario che i cittadini aiutino e sostengano la lotta alla mafia, poiché è una cosa che riguarda tutti noi, soprattutto ora che sappiamo che la mafia estende i suoi tentacoli perfino in politica, e la politica si occupa, appunto, della vita dei cittadini stessi.

     Da qui prende senso la raccolta firme indetta da Il fatto quotidiano per dimostrare pubblicamente l’adesione dei singoli cittadini ai magistrati che stanno compiendo queste indagini. Mi unisco al grido di Noi stiamo con i magistrati lanciato da questa lodevole testata giornalistica e invito tutti a lasciare un segno della propria approvazione firmando on line usando il link lasciato di seguito. Se appartenete a quel genere di cittadino che ritiene che “tanto ci deve pensare lo Stato”, allora sappiate che questo non accadrà: i politici tutt’ora al potere o presenti sulla scena politica italiana non prenderanno provvedimenti per eliminare questa piaga dal nostro paese, poiché essi stessi sono in tutto e per tutto complici dei mafiosi. Occorre che noi cittadini facciamo qualcosa per collaborare con la Magistratura e questa raccolta firme è, appunto, un primo passo. In democrazia il popolo partecipa alla vita del paese perché sa che si tratta della sua stessa vita: firmare costituisce appunto il nostro adempimento al dovere di cittadino, oltre a essere la manifestazione della nostra maturità civica.

---> FIRMA QUI <---



    Oltre al link della lettura della lettera scritta dal giudice Scarpinato (vedi sopra), mi piace lasciare anche un video in cui l’ottimo Marco Travaglio riassume in poche e chiare parole tutta la ricostruzione di questa vicenda, con un focus particolare sul ruolo che il nostro Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (sì, c’è di mezzo anche lui!) ha in alcune intercettazioni non proprio felici.




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